Testo tratto da ec.europa.eu
Corruzione, condizioni lavorative di sfruttamento, lavoro minorile, violazioni dei diritti sindacali dei lavoratori, disboscamento delle foreste, inquinamento, crisi climatica, perdita della biodiversità, attacchi ai difensori dei diritti umani, accaparramento delle terre e conseguenti sfratti delle popolazioni indigene e comunità locali, sono solo alcuni dei fenomeni spesso legati alle operazioni commerciali globali delle aziende e alle loro catene del valore, ossia l’insieme delle azioni operate da un’organizzazione per la realizzazione di servizi o prodotti.
Grandi aziende tech come Apple, Dell e Microsoft sono state accusate di trarre consapevolmente beneficio dallo sfruttamento minorile drammaticamente diffuso nella Repubblica Democratica del Congo nelle miniere illegali di cobalto, un elemento chimico utilizzato per alimentare i nostri smartphone, computer e batterie di auto elettriche.
Un passo avanti è stato fatto per gestire l'oscura filiera dei minerali, ma ancora non è sufficiente. Vediamo nel dettaglio cosa implica tale regolamento.
Dal 1° gennaio 2021 è entrata in vigore una nuova normativa in tutta l'UE: il regolamento sui minerali provenienti da zone di conflitto.
I minerali conflittivi quali tungsteno, tantalio, oro e stagno sono minerali provenienti da zone di conflitto (Sudan, Uganda, Congo, Angola, Tanzania, Rwanda, Burundi, Zambia tra gli altri) e sono utilizzati in prodotti di uso quotidiano come i telefoni cellulari e le automobili, oppure per la fabbricazione di gioielli.
Nelle regioni politicamente instabili, il commercio di minerali può essere utilizzato per finanziare gruppi armati, essere causa di lavori forzati e di altre violazioni dei diritti umani, nonché favorire la corruzione e il riciclaggio di denaro. Assicurandosi che questi gruppi armati e criminali non possano più contare sull’acquisto di 3TG come fonte di reddito è un modo per:
È difficile per i consumatori sapere se il prodotto che stanno acquistando finanzia violenze, violazioni dei diritti umani o altri crimini all'estero.
ll nuovo regolamento UE mira a:
Sarà fondamentale spingere affinchè anche i paesi del resto del mondo che attuino misure simili. Inoltre, una volta in vigore, è necessario anche che le normative siano attuate correttamente.
Il regolamento si applicherà direttamente a un numero di importatori compreso fra 600 e 1 000. Riguarderà indirettamente circa 500 fonderie e raffinerie di stagno, tantalio, tungsteno e oro, che abbiano o meno sede nell'UE.
Ciascuno Stato membro dell'UE deve accertarsi che gli importatori dell'Unione rispettino il regolamento. Le autorità degli Stati membri esamineranno i documenti e le relazioni di audit. Se necessario, potranno effettuare ispezioni in loco nei locali di un importatore.
Gli importatori dell'UE devono mettere in atto sistemi e processi che forniscano le seguenti informazioni. Ad esempio, gli importatori di minerali devono:
E sia gli importatori di minerali che quelli di metalli devono:
Dovranno farlo come parte del loro sistema di gestione interno e fornire documenti giustificativi. Quando i minerali provengono da zone di conflitto e ad alto rischio, gli importatori dovranno fornire informazioni aggiuntive:
Ci sono voluti ben 7 anni per arrivare a elaborare e rendere opertivo tale regolamento che non viene ratificato dai Paesi ma si attua immediatamente.
Perà ci sono alcuni punti di debolezza. Innanzitutto ci si limita solo a 4 minerali cosidetti conflittivi, quando lo spettro di minerali che sono alla base di conflitti è ben più ampio.
Secondariamente, non si vieta l'importazione di minerali da zone in conflitto, ma si regolamenta tale passaggio. Terzo: se uno Stato membro scopre che un importatore dell'UE non ha rispettato il regolamento non verrà messo in atto nessun concreto provvedimento sanzionatorio ma si limiterà a ordinare all'azienda di risolvere il problema e lo monitorerà per assicurarsi che lo faccia.
La spinta verso la Transizione Ecologica porterà a una sempre maggior importazione di tali elementi poichè sono alla base della digitalizzazione delle nostre vite e mattoni portanti delle decantate"smart city" e veicoli "sostenibili".
l disastro ambientale e i processi di sfruttamento che si nascondono dietro all’era digitale, rappresentano il lato oscuro della tanto decantata “transizione verde”. Quella che servirebbe a salvare il mondo dai cambiamenti climatici. Pannelli solari, pale eoliche, batterie per mezzi meccanici, reti elettriche intelligenti e tutti i computer e i relativi software della cosidetta “green economy”, sono parti di un edificio che ha le fondamenta piene di sangue.